Nonostante gli stentati risultati in termini di qualità, Konami non ha mai abbandonato il proprio brand di riferimento per quanto riguarda il genere survival horror. Si parla ovviamente di Silent Hill, franchise dal destino controverso e contorto quanto i giochi che ne fanno parte visto che la casa giapponese non ci ha mai pensato più di 2 volte ad affidare lo sviluppo a svariati team di origine occidentale i quali hanno portato sia risultati discutibili (come Homecoming) sia risultati discreti ma con una impronta ludica non troppo sviluppata (come Shattered Memories). Con Silent Hill: Downpour invece, gli sviluppatori cechi Vatra Games (diretti da Brian Gomez che aveva lavorato con Mercury Steam nello sviluppo del sottovalutato Clive Barker’s Jericho) hanno espresso la ferma volontà di riportare il brand verso una struttura di gioco il più simile possibile a quella che si è vista nei Silent Hill migliori (trama e atmosfere soprattutto) ma senza rinnegare i (pochi) elementi positivi visti nei capitoli recenti. Il tutto quindi per ottenere una perfetta sincronia tra passato e presente della saga. Vediamo se Vatra ha fatto bene i propri compiti.

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Il nuovo sfortunato protagonista dell’infinita storia di Silent Hill è Murphy Pendleton, un detenuto finito in carcere per un motivo non ben chiaro. La vicenda partirà proprio dall’interno del carcere penintenziaro che Murphy abbandonerà per essere trasferito in un altro centro di detenzione. Proprio durante il tragitto (in piena notte e con pioggia battente) il bus dove si trova Murphy finisce fuori strada accappotandosi nella fitta vegetazione di campagna a diverse miglia da Silent Hill. Qui inizia l’avventura vera e propria nonchè la fuga per la libertà di Murphy.

Iniziamo col dire che le promesse che Konami e Vatra hanno fatto circa il tentativo di sviluppare una vicenda dai tratti fortemente maturi almeno comparabile con quella del sommo (e irripetibile) Silent Hill 2 è perfettamente riuscito: Murphy si dimostra uno dei protagonisti più interessanti di tutta la serie e la vicenda personale che lo riguarda è tra le più mature non solo nel contesto di Silent Hill ma di tutto il comparto videoludico. Se visto poi in un determinato cerchio, quella della generazione videoludica attuale dove quasi nessuno si azzarda a raccontare storie di una certa profondità emotiva, allora i meriti per Vatra aumentano a dismisura.
Solo un avviso per coloro che lo vorranno cominciare: nelle prime ore di gioco che non saremo a Silent Hill potreste rischiare di rimanere disorientati in quanto dovremo affrontare un grande “prologo” dove dovremo seguire un percorso lineare e dove troveremo ambienti e situazioni di “alanwake-iana” memoria. Per quanto anche questo “prologo” si dimostri abbastanza interessante sia per atmosfere sia nel design generale, qualcuno potrebbe pensare che non c’è molto di Silent Hill.

Fortunatamente le cose miglioreranno notevolmente una volta arrivati nella città vera e propria: fin da subito potrete riavvertire situazioni tipiche dei primi 2 grandi episodi in quanto in Downpour è stata implementata una struttura semi-openworld che ci permetterà di andare a zonzo per la città senza dover per forza seguire un percorso. Cosa potremo fare in città? Approfondire la trama risolvendo quest secondarie per esempio oppure cercare documenti e oggetti collezionabili. Tali subquest (che nel gioco sono poco più di una decina) possono contribuire sia nell’alimentare la trama sia anche per scopi puramente di gameplay (ottenere per esempio un oggetto speciale oppure sbloccare le gallerie sotterranee della città le quali ci consentiranno di passare da una zona all’altra di Silent Hill in poco tempo).
Silent Hill: Downpour ci riporta indietro anche in termini di atmosfere, quando in città bisognava stare attenti a girare l’angolo per paura di non incappare in qualche nemico. E in Downpour è stato introdotto anche un sistema dinamico per quanto riguarda le condizioni atmosferiche: può succedere improvvisamente che scenda un grande acquazzone (il titolo del gioco non è stato per niente messo a caso) la quale porta ad un abbassamento sostanziale della visibilità e dandoci una sensazione ulteriore di solitudine.
Come estensione territoriale forse stiamo indietro rispetto al primo Silent Hill (in quanto lì la sensazione di grandezza della cittadina e il senso di smarrimento venivano promossi alla grande) ma tutto viene controbilanciato grazie alla possibilità di poter visitare numerosi edifici ed appartamenti (molto di più di quanto viene fatto nei capitoli precedenti) promuovendo così uno degli elemento più distintivi della serie ossia l’esplorazione. Proprio l’esplorazione è in assoluto uno dei punti di forza del gameplay di Downpour che, unito alla presenza di numerose aree visitabili, rappresenta un autentico piacere per i giocatori appartenenti alla vecchia scuola survival horror.

E sempre i giocatori alla vecchia scuola di survival horror potrebbero apprezzare il sistema di combattimento messo in atto da Vatra Games. Rispetto a Silent Hill: Homecoming dove gli scontri venivano enfatizzati, in Downpour si ritornerà al vecchio concetto “se proprio non ce la fai è meglio darsela a gambe”. Così come molti protagonisti della serie, neanche Murphy è un superagente addestrato e armato fino ai denti e dovrà sopravvivere raccattando armi sul posto. Nel complesso è stato ripreso buona parte del gameplay del buon Silent Hill: Origins in quanto anche lì il protagonista poteva recuperare armi sul posto e, se disarmato, sferrare pugni. Rispetto al videogioco di Climax, in Downpour invece potremo portare soltanto un’arma da mischia alla volta così come potremo portare un’arma da fuoco. Proprio sulle armi, anche qui Vatra ci ha permesso di fare un salto all’indietro dato che le munizioni saranno molto scarse costrigendoci a conservarle per usarle i momenti che riteniamo più opportuni.
Il combattimento rimanda molto ai primi episodi in quanto Murphy attaccherà in maniera lenta e impacciata a seconda del’arma utilizzata (nel caso di armi da mischia pesanti, come une estintore, l’attacca si dimostrerà davvero molto lento). Rispetto a Homecoming, qui non è presente un sistema di schivata degli attacchi nemici ma Murphy può comunque pararsi (purchè abbia un’arma in possesso).
I nemici di Downpour si dimostrano molto pericolosi e aggressivi soprattutto se presenti in gruppi di 2 e di 3 e soprattutto in città quando piove. Proprio sui nemici purtroppo non ci sentiamo di promuoverli affatto per quanto riguarda il design dei mostri: aldilà del significato che questi assumono all’interno della trama, è innegabile che la serie si è abituata a un bestiaro di qualità e prestigio; bestiaro che in Silent Hill: Downpour purtroppo non è stato curato abbastanza: ogni mostro dei passati Silent Hill aveva sempre un tratto artitico distintivo che lo permetteva di differenziarsi rispetto a bestiari di altri titoli survival horror. In Downpour questo tratto è completamente assente o quasi tranne forse in un mostro che non sto a dirvi per non anticiparvi nulla. Ci consoliamo almeno che le creature riescono farci riflettere sul ruolo che esse hanno all’interno della trama dando vita a svariate interpretazioni più o meno convincenti.

Come già accennato, l’elemento prettamente esplorativo di Silent Hill: Downpour rappresenta indubbiamente un punto di forza dell’intera produzione in quanto abbiamo potuto assistere al ritorno di alcuni elementi “tipici” di Silent Hill come la presenza di location e ambientazioni non lineari. Basti pensare che qui si possono trovare anche stanze vuote senza alcun oggetto da raccogliere e dovremo più volte guardare la mappa per cercare di non perdere la strada da seguire o per rivedere dove si trovava quella stanza chiusa a chiave che adesso possiamo sbloccare. Ambientazioni dove può dominare il buio pesto come un tempo costringendoci a sforzare la nostra vista per vedere cosa c’è oltre il nostro piccolo cono di luce.
E non mancano anche piccoli colpi di classe che omaggiano il passato: l’inquadratura “standard” del gioco è quella tipica degli ultimi episodio (in stile RE4 insomma) con la telecamera alle spalle del personaggio ma ogni tanto può capitare che in una o più aree l’inquadratura si sposta e diventa fissa o semifissa.
Lo stesso discorso può valere per gli enigmi: aldilà della possibilità di poter selezionare il livello di difficoltà, finalmente ci troviamo di fronte ad enigmi veramente originali, fantasiosi e che necessitano di un po’ di sale in zucca per risolverli o comunque sono richieste azioni di gioco non elementari come si poteva vedere in Shattered Memories.

Come in ogni Silent Hill, neanche in Downpour poteva mancare l’Otherworld (ossia la storica dimensione alternativa infernale che ha terrorizzato milioni di giocatori nel mondo). Questa volta ci troviamo di fronte a un parziale Otherworld che sembra abbracciare in parte l’estetica di quelli passati (con tratti dove ruggine e fatiscenza regnano) e in parte le dinamiche di gioco già viste in Shattered Memories dove il protagonista questa volta dovrà scappare da un “vortice rosso” che risucchia tuttociò che incontra. Come in Shattered, anche qui il protagonista potrà in corsa creare degli ostacoli per rallentare il vortice e, sempre come in Shattered, Murphy potrà anche guardare dietro le sue spalle per controllare (e questo vale anche per le fasi normali del gioco in quanto Murphy potrà fuggire e guardarsi indietro per vedere la distanza dai suoi inseguitori). Fortunatamente, rispetto a Shattered Memories, non si fugge soltanto nell’Otherworld ma si alternano sezioni di fuga a sezioni più classiche dove possiamo ffrontare enigmi, sfuggire ai mostri o superare ostacoli di vario tipo. Nel complesso, molte sezioni dell’Otherworld rispecchiano una visione molto occidentalizzata dello stesso Otherworld e in molti versi vi sembrerà di stare all’interno di un mondo partorito da Clive Barker per via della presenza di trapolle e trabocchetti. Per quanto la cosa potrebbe far storcere il naso, in realtà si tratta solamente di una differente visione e interpretazione della dimensione alternativa e tra questo e il rischio di avere una mera e tragica emulazione dell’Otherworld passato sinceramente preferisco questo. Sotto il livello prettamente artistico, l’Otherworld di Downpour si dimostra decisamente ispirato e saprà catturare la vostra attenzione.

Come nei precedenti episodio, anche in Downpour il protagonista avrà modo di incontrare personaggi più o meno legati con la propria vicenda o con la città. In tutta onestà, i comprimari di Silent Hill: Downpour hanno convinto molto poco soprattutto sotto il profilo dell’interpretazione e di come questi vengano inclusi nella trama. In poche parole, si rischia di considerarli dei pesci fuor d’acqua proprio perchè o non sono adeguatamente approfonditi oppure semplicemente non presentano quel magnetismo giusto e tipico degli episodi precedenti. A parte lo stesso Murphy e qualcun altro, sinceramente non avvertirò la mancanza dei comprimari di Silent Hill: Downpour e non penserò a loro quandò dovrà stilare una mia classifica dei personaggi preferiti della serie. Questo rappresenta senza dubbio un peccato perchè i personaggi, riflettendoci bene, hanno un loro perchè all’interno della trama ma proprio la loro presenza sporadica e “casuale” non porta a renderli indimenticabili e imperdibili.

Discorso notevolmente diverso invece per quanto riguarda la colonna sonora e il comparto audio in generale: questo era il primo Silent Hill senza l’eccellente apporto di Akira Yamaoka e l’esame da superare per Daniel Licht (Dexter, Children of the Corn) non era tra i più semplici. L’esame a conti fatti risulta ampiamente superato e Dan Licht è riuscito a riportare la colonna sonora di Silent Hill verso altri fertili lidi proponendo uno stile vagamente ispirato a quelli degli episodi precedenti ma introducendo una formula più “imponente” e più simile a quello di una serie tv americana. Vanno un po’ a mancare il tocco malinconico e nostalgico di Yamaoka e sicuramente i fan più irriducibili lo noteranno di certo. Non per questo però bisogna sminuire sia il lavoro di Dan Licht nè ignorare la presenza di ottime canzoni su licenza ascoltabili nel gioco (accendendo delle radio sparse per la città). Non nascondo che la “Silent Hill” scritta da Jonathan Davis (Korn) non porta ad aumentare il tasso qualitativo della colonna sonora di Downpour ma fortunatamente sappiate che è ascoltabile solamente ai titoli di coda e non è presente nel gioco stesso. Per quanto riguarda invece gli effetti sonori in generale, anche qui un grande applauso ai designers di Vatra Games in quanto siamo tornati a un concetto di utilizzo del sonoro e del silenzio capaci di dare una marcia in più alle atmosfere. Giocatelo assolutamente con delle cuffie e non ve ne pentirete affatto in quanto potrete accorgervi meglio della cura nei dettagli che Vatra ha adottato in questo ambito.

Anche sotto l’aspetto prettamente grafico, Silent Hill: Downpour si difende abbastanza bene. Non ci troviamo ovviamente di fronte a un miracolo tecnico ma nel complesso è accettabile se consideriamo l’ampia area di gioco che possiamo visitare. Occasionalmente sono presenti fenomeno legati al caricamento delle texture e può capitare di vederle caricare in bassa definizione per poi “trasformarsi” in alta definizione (quello che in gergo tecnico si definisce “pop-up”). Decisamente più fastidioso e terribile è invece il framerate: sia in città sia nelle location (stranamente no invece nelle sezioni Otherworld) sono presenti frequenti fenomeni di abbassamento sostanziale dei frame per secondo portando quasi il gioco a bloccarsi per delle frazioni di secondo. Preso singolarmente non è niente di troppo grave ma lo diventa tale nel momento in cui questo fenomeno avviene in maniera continua e costante. Ciò potrebbe derivare dal sistema di autosalvataggio del gioco la quale porta a un aggiornamento continuo dei dati di gioco e quindi a un blocco momentaneo del gioco stesso. Un vero peccato purtroppo dato che di per se il gioco non mostra altre lacune troppo gravi nè bug o glitch di vario tipo.
Per quanto riguarda la longevità, Downpour si pone senza alcun dubbio su un piano altissimo dato che per terminarlo servono almeno una decina di ore che possono raddoppiarsi se giocate con calma olimpica e se affrontate le subquest. E come ogni Silent Hill che si rispetta, ci sono anche dei finali da sbloccare (sono 6, compreso quello tipico umoristico) a seconda del nostro “tasso di moralità” all’interno del gioco. Nel titolo sono presenti delle scelte legate alla nostra moralità che determineranno in parte il finale. A incidere però sarà anche il nostro atteggiamento verso i mostri: se ci limitiamo a difenderci da loro dimostreremo buona moralità mentre al contrario, se a terra, li finiremo dimostreremo cattiva moralità. Aldilà dei finali e delle subquest, Downpour è un titolo piacevole da rigiocare anche per approfondire e capire meglio la storia; esattamente come si faceva molto tempo fa.

Commenti Finali
Dopo una serie risultati modesti e esperimenti fini a se stessi, Silent Hill ritorna sulla cresta dell’onda proponendo un’ottima miscela tra narrazione matura e esplorazione semi-openworld, una formula che era già stata vincente in passato. Downpour ad oggi rappresenta il miglior tentativo da parte di un team occidentale di avvicinarsi ai capolavori giapponesi. Il gap che separa questo gioco con quelli del Team Silent purtroppo è uno soltanto: l’aspetto artistico. Un moster design purtroppo poco curato e una presenza di personaggi secondari non ben introdotti e approfonditi nella trama non portano Silent Hill: Downpour alla pari dei migliori. Da non sottovalutare il comparto sonoro: quanti pianti ci sono stati per l’addio di Yamaoka? In Downpour colonna sonora e sound design risultano completamente rinnovati presentando una qualità eccezionale. Per il resto dipende tutto da voi: parliamo di una visione occidentale di Silent Hill (nel senso buono del termine) e chi è ancora fortemente legato allo stile del passato probabilmente non accetterà neanche Downpour. Tuttavia merita almeno una possibilità e anche Vatra Games stessa meriterebbe una nuova occasione per migliorare i punti negativi e ambire così a un salto di qualità definitivo.

+ Trama matura con tanti simbolismi e protagonista ottimo…
+ Silent Hill è tornata grande e tutta da esplorare
+ Enigmi ben fatti
+ Diverse subquest interessanti
+ Colonna sonora e sound design
+ Longevità (6 finali e almeno 12 ore per finirlo)

–  …ma co-protagonisti non tutti all’altezza
– Problemi tecnici vari (framerate su tutti)
– Bestiario da rivedere o quasi
– La parte iniziale e la parte finale potrebbero non convincervi al 100%