Il sempre ottimo portale Cyberludus ha avuto possibilità di intervistare Simone Tagliaferri, game designer di Dreampainters autore dell’avventura grafica di imminente uscita Anna. L’intervista è molto interessante in quanto aggiunge nuove dettagli/curiosità sul videogioco e contiene riflessioni e considerazioni sull’attuale stato della (minuscola).

Dopo il break potete leggere l’intervista al completo.

Ciao Simone, Anna sta finalmente per uscire: come vi sentite? Fossi nei vostri panni mi sentirei un po’ come al primo giorno di scuola.
“Fossi nei miei panni peseresti tanto. Comunque sì, siamo emozionatissimi. Soprattutto vorremmo dare l’annuncio di una data precisa. Immagina di aver lavorato tanto su una cosa ed essere a un passo dallo scoprire se si otterranno i risultati sperati… è roba da mezzo litro di Xanax a notte.”

Raccontaci come sono nati i Dreampainters.

“I Dreampainters nascono sul forum di Ars Ludica. Tutto è partito da quella che a molti poteva sembrare una proposta estemporanea da forum, ovvero la realizzazione di un’avventura grafica horror ambientata in Italia. La differenza rispetto alle mille proposte da forum simili che avevo letto nel corso degli anni era la persona che aveva avviato il topic. Persona seria che aveva sempre portato a termine i suoi progetti (conquista del mondo a parte… vabbé, non si può avere tutto dalla vita) che poi è anche colui che ha curato la colonna sonora di Anna: Alessandro Monopoli.”

Come vi è venuta l’idea di sviluppare Anna?
“L’idea viene dal luogo. Ovvero tutto nasce dalla segheria. Bel posto nella Val D’Ayas, teatro di omicidi veri. Ci piaceva anche l’idea di proporre un’ambientazione diversa da quelle classiche, con un luogo reale che chiunque può andare a visitare. Ovviamente la segheria reale è diversa da quella di Anna, piegata alle esigenze videoludiche. Se ci andate sono sicuro che lo spirito che vive lì vi accoglierà a braccia aperte. Certo, finisce che vi ammazza, ma sono dettagli.”

Sappiamo ben poco di Anna, se non che dispone della capacità di mettere a nudo le paure del protagonista. Quale sarà l’obiettivo dell’utente?

“L’utente seguirà la storia del protagonista e tutto il gioco è pensato in funzione della stessa. Comunque sarà un’avventura grafica classica, con enigmi e oggetti da combinare. L’idea di mettere in relazione le reazioni dell’utente con i finali è complicata da spiegare, non tanto perché non sia possibile farlo, quanto perché rischierei di darti una specie di soluzione del gioco, rovinando veramente l’esperienza a quelli che vogliono viverla.”

Le avventure grafiche hanno un buon ventaglio di titoli horror/thriller: possiamo parlare della serie Penumbra, così come Amnesia. Tuttavia, coi recenti Esther e Journey il videogiocatore ha iniziato ad abituarsi anche ad un’avventura che, in totale silenzio, si lascia vivere con passione.
Anna cosa ci proporrà dal punto di vista emotivo?

“Intanto speriamo che faccia paura. Le reazioni dei tester in questo senso ci hanno confortato. Comunque Anna è molto diversa dai titoli che hai citato. Non che non ci faccia piacere l’accostamento (sono un grande estimatore di Amnesia e Dear Esther), solo che abbiamo voluto puntare a meccaniche adventure più pure e ludiche, quindi, a una maggiore interazione con lo scenario. L’idea è che la segheria tenti di respingere il protagonista, creando le condizioni per cui non possa andare avanti. Gli enigmi sono fondamentali per rendere l’atmosfera, per dare al giocatore un senso di urgenza rispetto a quello che sta facendo.”

Prima che sia tu a dare la lieta novella, ti anticipo e la do io: Anna sarà disponibile in più lingue.
A proposito di ciò, come mai secondo te le avventure grafiche iniziano a perdere il doppiaggio italiano a vantaggio dei sottotitoli? È solo un problema economico?

“Anna sarà disponibile in diverse lingue. Posso dirti che l’inglese e l’italiano saranno anche doppiate, mentre le altre avranno solo i testi tradotti (compresi i sottotitoli del parlato). La prima release sarà solo in inglese, mentre le altre lingue saranno aggiunte la settimana successiva. Siamo un team piccolo e non possiamo permetterci di non testare quello che pubblichiamo (non che quelli grossi possano, ma hanno personale per farlo). Teniamo particolarmente a proporre opzioni per avere il gioco in più lingue. Il problema dei mancati doppiaggi ha, purtroppo, una natura meramente economica. Tradurre e doppiare costa molto e spesso le vendite nel nostro paese non giustificano l’investimento. Doppiare titoli che hanno molto parlato può far lievitare la produzione anche di diverse migliaia di euro. Il risultato è che anche grossi sviluppatori, come ad esempio Rockstar, hanno deciso di non doppiare titoli di punta, come Max Payne 3, per rimanere sull’esempio, nella nostra lingua. Se non lo fanno loro, figurati se può permettersi di farlo uno studio indipendente.”

Restando in tema sonoro, avete già rilasciato un trailer che svela, in parte, la soundtrack di Anna.
Essendo un’avventura thriller l’audio di sottofondo diventa l’elemento essenziale di tutto il titolo: cosa sarà in grado di offrire Anna?

“Anna offre una colonna sonora originale composta da Alessandro Monopoli, che ha curato anche l’audio design in modo certosino, cercando effetti diversi per per ogni ambiente, con una gestione dell’audio posizionale e dinamica. L’audio è stato curato con grande attenzione, utilizzando un enorme set di suoni per sottolineare ogni momento. Inoltre abbiamo avuto l’onore di avere degli eccezionali doppiatori, come Oliver D’Adda e Juanita Grande, che rendono le parti narrate un piacere da ascoltare.”

Come location madre, Anna ci porta in Valle d’Aosta, ma abbiamo già notato una segheria dagli screenshots, che ci suggerisce aree buie e desolate in tema con il genere dell’avventura. Cosa ci dobbiamo aspettare?

“Tanti colori. A parte gli scherzi, i toni generali del gioco saranno molto cupi, ma abbiamo scelto volutamente di non creare ambienti desaturati, come va di moda da qualche anno a questa parte. L’uso dei colori è fondamentale ed è stato studiato accuratamente in tutti gli ambienti. Come puoi vedere dalle ultime immagini di gioco, c’è una buona varietà cromatica, che si manifesta soprattutto quando la percezione del protagonista viene alterata.”

Parliamo un po’ di voi.
Il vostro team è decisamente piccolo, ma è l’esempio di come le giuste persone possano arrivare a fare tanto. Siete alla ricerca di nuovi membri oppure possiamo dire che Dreampainters abbia raggiunto la sua identità?

“In realtà stiamo crescendo a ritmi che non immaginavamo possibili. Abbiamo appena annunciato il nostro prossimo gioco, Sine Requie (titolo di lavorazione), basato sul gioco di ruolo cartaceo “Sine Requie Anno XIII”, di cui avete dato gentilmente notizia anche sul vostro sito (questa la notizia). Il team è lievitato e nei prossimi mesi contiamo di dare diverse notizie in tal senso, ma per ora non ti posso annunciare nulla perché è tutto in divenire.”

Com’è stato realizzare il vostro primo videogame? Raccontaci qualche scenario, tra difficoltà e situazioni bizzarre tipiche di un gruppo di amici.

“Personalmente è stata un’esperienza illuminante, che mi ha fatto rendere conto di molte cose di cui non sapevo nulla (o quasi), pur scrivendo di videogiochi da 10 anni come giornalista di settore. Inoltre è bellissimo vedere prendere forma quello che inizialmente era solo sulla carta, seguendone tutte le fasi.”

Amanita Design è il punto di riferimento attuale per tutti i team di sviluppo indipendenti, l’esempio da prendere in considerazione per sfondare attraverso la creatività. Vi siete posti degli obiettivi su dove può arrivare Anna?
“Intanto ci farebbe immensamente piacere che piaccia a chi lo giocherà. Per il resto non ti nego che, affianco alla passione, ci sono anche speranze di natura economica. Puntiamo a coinvolgere tutti gli appassionati di avventure grafiche, proponendogli un’esperienza nuova e fresca. Insomma, speriamo che venda.”

Quanto è difficile per un team come il vostro trovare un publisher disposto ad appoggiare il progetto?

“In realtà non abbiamo cercato alcun publisher. Non ci interessa. Internet e le nuove tecnologie di digital delivery consentono di diventare publisher di se stessi, basta essere coscienti di alcuni paletti imposti dai vari negozi online e sapersi muovere per farsi conoscere. In questo senso siamo molto soddisfatti della eco raggiunta dal gioco. Blog e filmati sono andati molto bene e hanno prodotto parecchi feedback. La verità è che abbiamo anche ricevuto proposte di publishing, ma non erano vantaggiose e ci avrebbero di fatto strozzato sul nascere.”

Come mai in Italia fatichiamo a dedicare iniziative a questo settore?
“Posso essere molto cattivo? Si chiacchiera troppo e si ostracizza chi le cose le sa fare. Abbiamo operatori di settore che pretendono di diffondere la cultura del videogioco con iniziative malsane che ottengono l’effetto completamente opposto al dichiarato, a parte per il loro tornaconto personale. Su molti forum si chiacchiera e basta, senza che le persone riescano a organizzarsi in progetti concreti. Spesso si parte con l’idea della vita per poi scoprire che è irrealizzabile da piccoli team e, invece di dirottare le energie creative verso qualcosa di fattibile, si finisce per abbandonare tutto. C’è una specie di complesso d’inferiorità rispetto alle altre nazioni, per cui molti non concepiscono di dover comunque far fare una gavetta al settore per farlo sviluppare. Mettiamoci anche che i progetti che arrivano alla pubblicazione spesso sono poco e mal pubblicizzati ed escono sul mercato da sconosciuti. Ne sono usciti diversi negli ultimi anni, di quanti vi è arrivata notizia? Eppure te ne potrei citare più di una decina.
Concludiamo in bellezza con corsi dedicati allo sviluppo dei videogiochi che al prezzo di migliaia di euro non preparano assolutamente alla realizzazione di un videogioco. Prendi realtà come DigiPen: ogni anno vengono mostrati molti giochi realizzati nella scuola, alcuni dei quali spiccano il volo e diventano prodotti commerciali. Trovami una realtà scolastica italiana che possa vantare un singolo titolo sperimentale concluso e finito in qualche festival o sul mercato. Che senso ha parlare agli studenti di Skyrim se poi non riesci a fargli scrivere nemmeno Pac-Man?”