Chi mi ha seguito su Land of Rust negli anni passati si ricorderà probabilmente che avevo concesso anche un piccolo spazio alla serie BioShock. Pur non essendo un survival horror in senso stretto, il mondo di Rapture partorito dalla mente di Ken Levine e gli Irrational Games presentava atmosfere e senso claustrofobico di primo livello. Con BioShock Infinite adesso quelle atmosfere sono state accantonate lasciando al contrario spazio a luoghi aperti, illuminosi e colorati: non siamo più a Rapture ma nella città volante di Columbia agli inizi del 1900 e vestiamo i panni di Booker DeWitt, un individuo addestrato nel combattimento ed impegnato nel salvataggio di una ragazza (Elizabeth) per riscuotere un debito.

Come sempre, proprio quando le cose sembrano andare per il verso giusto, è tipico della trama di un BioShock presentare qualcosa che va oltre le nostre aspettative: temi di grande impatto come il potere, l’onore, la guerra, il lavoro, il razzismo nonchè la lotta per l’ottenimento dei propri diritti. Non parliamo comunque di una trama lineare, chiara e semplice anzi: tenetevi alla larga da BioShock Infinite se cercate qualcosa di leggero in quanto la sceneggiatura è qualcosa di assolutamente intricato, distorto e a tratti anche delirante. Non si esagera affatto nel dire che la trama di BioShock è una delle più complesse, frammentate e confuse che siano mai state create, pane per i denti dei giocatori alla ricerca di esperienze assolutamente impareggiabili. Tuttavia anche i patiti dell’azione e dell’estetico saranno ben contenti nel sapere che, come lo erano anche i BioShock precedenti, Infinite spruzza un fantastico mix vintage-steampunk da cardiopalma e Columbia è semplicemente un palcoscenico unico e irripetibile. Una cura maniacale nei dettagli che è uno dei marchi di fabbrica di Irrational Games.

Se proprio vogliamo cercare dei nei in Infinite, questi possono essere due: il gameplay è sostanzialmente troppo “classico” e, a parte le azioni in cooperativa con Elizabeth e le sessioni di gioco sulle Skyline, non presenta sostanziali feature che fanno gridare al miracolo. Il secondo neo è più un mio gusto personale dato che il gioco lo ritengo “poco cinematografico”: tutte le scene del gioco, dall’inizio alla fine, sono tutte in prima persona seguendo il punto di vista del protagonista. Io ritengo che sequenze “girate” con una camere “mobili” lontane dal protagonista avrebbero reso la storia ancora più intrigante e sensazionale. Se non altro, lato positivo, l’immedesimazione resta sempre assicurata.

Commenti finali
BioShock Infinite è un capolavoro autentico e, escludendo discorsi dettati dai gusti puramente personali, trovo abbia assolutamente scalzato Half-Life 2 come migliore sparatutto narrativo che ci sia in circolazione. E’ uno di quei giochi “di una volta”, quelli che ti fanno riflettere, che ti spingono a rigiocarli di nuovo per capire meglio trama, quelli che quando li finisci ti lasciano qualcosa dentro e cerchi di dare una spiegazione a quanto hai visto. BioShock Infinite è un esempio perfetto di come innovazione tecnica e qualità riescano ad andare di pari passo senza che una escluda l’altra. Congratulazioni sinceri a Ken Levine e alla sua squadra.